Coxalgia - L'anca dolorosa

Customer Service Italiaonline • 26 luglio 2023

Tra le cause più comuni di dolore alla deambulazione possiamo annoverare la cosiddetta coxalgia, il dolore all’anca. In latino la parola “coxa” significa coscia, anca, da cui il temine coxalgia usato nella terminologia medica. I dolori a questa importante articolazione sono più frequenti nell’età avanzata, ma non risparmiano i più giovani. Se nell’anziano prevale la componente artrosica, una degenerazione quindi che avviene nel tempo, nei giovani può esserci una coxite infiammatoria, per un lavoro gravoso o una camminata lunga, magari in discesa. Bisogna porre attenzione a questi dolori giovanili all’anca, in particolare se si presentano frequentemente, in quanto possono accelerare notevolmente il processo di genesi dell’artrosi che purtroppo spesso ha come conseguenza la protesi dell’anca. In presenza di tali dolori è utile un approfondimento diagnostico con rx in età giovanile, per escludere patologie congenite dell’anca, o con RM nella media età per verificare se i dolori sono da ascrivere ad una necrosi asettica della testa del femore. In particolare posso essere soggetti a questa patologia i forti camminatori o coloro che sono stati soggetti a traumi, oltre naturalmente alle disfunzioni congenite. La terapia elettiva per l’anca è la TECAR, capace di raggiungere l’articolazione, molto utili anche le onde d’urto in specifici casi, a giudizio del medico fisiatra che ha in cura il paziente. Spesso troviamo notevoli contratture muscolari associate che vanno risolte con opportuna massoterapia.




Dott. Paolo Tamaro

Autore: Dott. Paolo tamaro 14 maggio 2025
Sostanzialmente possiamo far risalire le cause degli ematomi del muscolo a traumi diretti od a strappi muscolari . Sono lesioni tipiche degli sportivi che incorrono in uno stiramento muscolare eccessivo tale da determinare la rottura di un certo numero di fibre muscolari. La rottura determina il sanguinamento che viene contenuto dai tessuti circostanti formano una sacca, appunto l’ ematoma muscolare . I traumi diretti al muscolo agiscono in modo simile, ma l’impulso traumatico è angolato rispetto alle fibre muscolari e può fare quindi più danno, dalla superficie in profondità. In quest’ultimo caso la parte visibile della raccolta ematica, il cambiamento di colore della cute, è visibile in tempi ravvicinati al trauma. Negli strappi muscolari invece in genere accorrono alcuni giorni per vedere l’aspetto cutaneo dell’ematoma. E’ poi esperienza comune il variare dei colori sulla pelle delle raccolte ematiche, dapprima rosso-violacee, poi nel trascorre dei giorni il colore vira al giallo, per ossidazione del ferro contenuto nell’emoglobina. Bisogna ricordare che la parte visibile sulla pelle è solo la porzione più periferica dell’ematoma, la raccolta ematica è più profonda e spesso non guarisce quando il colore sulla pelle è scomparso. La raccolta ematica infatti, su giudizio del medico, va esaminata con un’ecografia per valutarne posizione e dimensioni. Va evitato il più possibile che la raccolta si organizzi divenendo solida, il tempo a disposizione non è molto. Le principali terapie fisioterapiche comprendono il TECAR direttamente sulla lesione e la massoterapia dei tessuti circostanti , al fine di ottenere un'esito cicatriziale interno ridotto al minimo e promuovere la guarigione attraverso il riassorbimento del liquido. Ancora utili, ma sempre meno usati, gli ultrasuoni , mentre per certe raccolte il fisiatra prescriverà le onde d’urto . In pochi casi si esegue l’ago-aspirato in ambiente sterile.  Dott. Paolo Tamaro
sperone calcaneare
Autore: Dott. Paolo Tamaro 14 maggio 2025
Ecco un accusato ingiustamente!! Quante volte noi fisiatri abbiamo sentito il paziente lamentare dolore al tallone , ha fatto la radiografia ed ecco la causa: lo sperone calcaneare . Non è corretto, questo famoso sperone lo abbiamo praticamente tutti, più o meno accentuato in base a quanto siamo soliti camminare o correre. Infatti qualsiasi osso, e quindi anche il calcagno, sottoposto a stress, si difende inspessendosi e quindi creando un’inserzione più robusta per gli elementi che esercitano trazione su di lui. Camminando, ad ogni passo, noi esercitiamo una pressione dall’alto in basso e la pianta del piede, concava, tende ad appiattirsi. Questo fornisce anche un elemento di ammortizzamento, ma chiaramente le strutture che si oppongono a questo appiattimento vanno in trazione sulle loro inserzioni ossee. Quella posteriore è appunto il calcagno ed ecco che col tempo si forma lo sperone. Ma allora perché così frequentemente ci fa male il calcagno e soffriamo di quelle che viene definita tallonite ? I tessuti molli adiacenti all’osso vengono pure loro costantemente sollecitati dai nostri passi e queste ripetute azioni micro-traumatiche possono ovviamente indurre infiammazione, spesso col coinvolgimento della fascia plantare. Talora le infiammazioni sono così forti che, se non trattate, portano ad edema osseo del calcagno, un’infiammazione quindi che coinvolge addirittura l’osso e che è più complessa da curare. Ecco, appunto, come si cura la tallonite ? Apparentemente è semplice: si tratta l’infiammazione col TECAR ed il laser opportunamente applicati . Poi, una volta risolta l’infiammazione, si fanno alcune sedute di onde d’urto . Non essendo lo sperone in sé l’origine del dolore, sono preferibili le onde d’urto di tipo radiale , in quanto a partecipare all’infiammazione sono tutti i tessuti molli del tallone e spesso anche la fascia plantare. In genere la fisioterapia, se ben applicata, fa passare i dolori, ma bisogna considerare che il piede è un organo pigro, a cui non si può chiedere fretta: sopporta di tutto, noi gravitiamo su di lui, ma così come è lento a presentare una patologia, è lento anche nel guarire. Richiede pazienza da parte del fisioterapista e, appunto, anche del paziente; nella mia esperienza, ormai lunga, praticamente però la grande maggioranza dei pazienti che presentano tallonite vanno a guarigione. Dott. Paolo Tamaro
calcificazione spalla
Autore: Dott. Paolo Tamaro 14 febbraio 2025
Nei tessuti molli, in particolare a livello di spalla ed anca, è molto comune trovare delle calcificazioni , depositi cioè di sali di calcio che sono dovuti ad infiammazioni prolungate, microtraumi, lesioni muscolo-tendinee . Il livello di fastidio che possono arrecare è molto variabile, in particolare in fase “molle” possono essere molto dolorose, ed in questa fase è indicata la litoclasia, cioè una tecnica di ago-aspirazione rigorosamente ecoguidata (in genere la pratica proprio il radiologo interventista) che consente di aspirare parte della calcificazione, simile per consistenza in questa fase ad un dentifricio. Ovviamente quando la calcificazione evolve non può essere aspirata, in questi casi sono di grande aiuto le onde d’urto, in genere focali, che consentono di limarla e talora di frammentarla. Bisogna però considerare che quasi sempre la calcificazione è parte di un quadro più ampio, per cui spesso il trattamento solo eseguito con onde d’urto o litoclasia non toglie il dolore, ma bisogna andare ad agire anche su altre strutture tendinee, borsali, capsulari, ecc, a giudizio del medico fisiatra che prescrive la riabilitazione . Spesso è molto utile un ciclo di massoterapia alla muscolatura del cingolo scapolare o pelvico, che permette di ridurre l’azione di torchio sull’articolazione ed a livello tendineo. Dott. Paolo Tamaro
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