Ematomi intra-muscolari

Dott. Paolo tamaro • 14 maggio 2025
Mano tiene tecar su caviglia


Sostanzialmente possiamo far risalire le cause degli ematomi del muscolo a traumi diretti od a strappi muscolari. Sono lesioni tipiche degli sportivi che incorrono in uno stiramento muscolare eccessivo tale da determinare la rottura di un certo numero di fibre muscolari. La rottura determina il sanguinamento che viene contenuto dai tessuti circostanti formano una sacca, appunto l’ematoma muscolare. I traumi diretti al muscolo agiscono in modo simile, ma l’impulso traumatico è angolato rispetto alle fibre muscolari e può fare quindi più danno, dalla superficie in profondità. In quest’ultimo caso la parte visibile della raccolta ematica, il cambiamento di colore della cute, è visibile in tempi ravvicinati al trauma. Negli strappi muscolari invece in genere accorrono alcuni giorni per vedere l’aspetto cutaneo dell’ematoma. E’ poi esperienza comune il variare dei colori sulla pelle delle raccolte ematiche, dapprima rosso-violacee, poi nel trascorre dei giorni il colore vira al giallo, per ossidazione del ferro contenuto nell’emoglobina. Bisogna ricordare che la parte visibile sulla pelle è solo la porzione più periferica dell’ematoma, la raccolta ematica è più profonda e spesso non guarisce quando il colore sulla pelle è scomparso.

La raccolta ematica infatti, su giudizio del medico, va esaminata con un’ecografia per valutarne posizione e dimensioni. Va evitato il più possibile che la raccolta si organizzi divenendo solida, il tempo a disposizione non è molto. Le principali terapie fisioterapiche comprendono il TECAR direttamente sulla lesione e la massoterapia dei tessuti circostanti, al fine di ottenere un'esito cicatriziale interno ridotto al minimo e promuovere la guarigione attraverso il riassorbimento del liquido. Ancora utili, ma sempre meno usati, gli ultrasuoni, mentre per certe raccolte il fisiatra prescriverà le onde d’urto. In pochi casi si esegue l’ago-aspirato in ambiente sterile.



Dott. Paolo Tamaro

vertebre
Autore: Dott. Paolo Tamaro 14 luglio 2025
I più diranno: mai sentito! Eppure la maggioranza dei disturbi della colonna vertebrale parte da lui . Come noto, le vertebre si muovono l’una sull’altra, ruotano quasi, e questo grazie a tutte le strutture anatomiche presenti nel segmento mobile intervertebrale. Iniziamo a parlare delle faccette articolari, le principali responsabili del movimento delle vertebre; sono quattro per ciascuna vertebra, due si articolano con la vertebra sopra e due con quella sotto, ovviamente a destra e sinistra. Il disco (sì, quello della famosa ernia) fa quindi solo da perno per il movimento. A queste strutture si aggiungono muscoli di vario tipo e legamenti, su cui in questa sede non mi dilungherò. Ma perché il segmento mobile è così importante nella genesi dei dolori della colonna? A causa di un meccanismo che il dott. Maigne, medico fisiatra di Parigi a cui si deve il famoso metodo manipolativo che io seguo, ha chiamato DIM nella traduzione italiana, cioè Disturbo Intervertebrale Minore . Si tratta di una irritazione del segmento mobile intervertebrale dovuto principalmente all’alterato movimento di una faccetta articolare (quindi ad esempio a posture scorrette che privilegiano la movimentazione di altre vertebre) che causa una infiammazione dell’articolazione (come tutte le articolazione, anche quelle delle vertebre non tollerano di essere mobilizziate parzialmente e quindi si infiammano, provate a tenere un polso ad un range articolare dimezzato per un anno e vedrete che presenterà fenomeni infiammatori, ma credetemi sulla parola, non fatelo sul serio). Questa infiammazione coinvolge nel tempo le altre strutture muscolari ed i legamenti del segmento mobile intervertebrale e causa appunto il DIM , situazione dolorosa che inizialmente può essere evidenziata solo con una pressione del processo spinoso della vertebra (quello appuntito che sentite sotto la pelle), poi diventa doloroso di suo e determina la contrattura muscolare della muscolatura paraspinale, quella che potete sentire accanto alla colonna. Ed ecco le cervicalgie e le lombalgie, passando per le dorsalgie. Ma come tutto ciò porta ad una cura? Nelle fasi inziali il DIM può essere manipolato (dal medico chirurgo col metodo di Maigne! ) che valuta con cura alcuni paramenti essenziali, oltre un certo limite non è più manipolabile, quindi si opta per il rilassamento della muscolatura coinvolta (massoterapia trasversale profonda) e la riduzione dell’infiammazione del segmento mobile intervertebrale (TECAR) . Poi si consiglierà al paziente una corretta ginnastica medica . Da questo si evince anche l’ importanza della prevenzione : i dolori della colonna sono risolvibili con una certa facilità agli inizi, quando ed entro una certa età possibile manipolare la colonna con ottimi risultati. Quando la patologia è avanzata, le manipolazioni non sono più eseguibili le terapie funzionano, ma diventano molto più lunghe. Dott. Paolo Tamaro
fisioterapista
Autore: Dott. Paolo Tamaro 30 giugno 2025
Quasi tutti i pazienti mi hanno chiesto perché si chiamano così. Chi si è cimentato col greco nei sui studi liceali non ha ritenuto necessario farmi la domanda. Nel greco antico infatti (e forse anche in quello moderno, ma non chiedetemi troppo) κίνησις (si legge kinesis) significa movimento (si pensi alla parola italiana “cinema”, che ha la stessa derivazione e significa sostanzialmente immagini in movimento), quindi la chinesi è una terapia di movimento. Si applica infatti a situazioni in cui , ad esempio, le articolazioni siano bloccate , può capitare spontaneamente (come nella cosiddetta spalla congelata) oppure dopo traumi o interventi chirurgici, in ogni caso il corpo da solo difficilmente riesce a risolvere queste rigidità ed ha bisogno di una chinesi, appunto una mobilizzazione che inizialmente può essere passiva , il fisioterapista che muove l’articolazione mentre il paziente sta più rilassato possibile, oppure attiva , cioè con movimenti che il fisioterapista chiede di eseguire al paziente a supporto delle sue mobilizzazioni passive. Le chinesi non dovrebbero mai essere dolorose , il dolore induce contrattura muscolare reattiva e rende più difficile la mobilizzazione, oltre e ovviamente ad essere difficile da tollerare. Un bravo fisioterapista riesce a trovare il giusto compromesso tra un fastidio tollerabile ed una energia sufficiente a produrre un buon risultato. Le sedute ovviamente portano progressivamente alla meta, ogni volta che il paziente si mette nella mani del fisioterapista compie un piccolo pezzetto di strada, spesso non percettibile; capita infatti che per varie sedute non si recuperi nulla, e poi la sedute successiva dia il frutto che le precedenti hanno preparato. Molto importante è anche valutare lo stop articolare, che può essere più o meno elastico e fornisce a chi le sa interpretare importanti informazioni sullo stato della patologia e sulla progressione della riabilitazione. Dott. Paolo Tamaro
sperone calcaneare
Autore: Dott. Paolo Tamaro 14 maggio 2025
Ecco un accusato ingiustamente!! Quante volte noi fisiatri abbiamo sentito il paziente lamentare dolore al tallone , ha fatto la radiografia ed ecco la causa: lo sperone calcaneare . Non è corretto, questo famoso sperone lo abbiamo praticamente tutti, più o meno accentuato in base a quanto siamo soliti camminare o correre. Infatti qualsiasi osso, e quindi anche il calcagno, sottoposto a stress, si difende inspessendosi e quindi creando un’inserzione più robusta per gli elementi che esercitano trazione su di lui. Camminando, ad ogni passo, noi esercitiamo una pressione dall’alto in basso e la pianta del piede, concava, tende ad appiattirsi. Questo fornisce anche un elemento di ammortizzamento, ma chiaramente le strutture che si oppongono a questo appiattimento vanno in trazione sulle loro inserzioni ossee. Quella posteriore è appunto il calcagno ed ecco che col tempo si forma lo sperone. Ma allora perché così frequentemente ci fa male il calcagno e soffriamo di quelle che viene definita tallonite ? I tessuti molli adiacenti all’osso vengono pure loro costantemente sollecitati dai nostri passi e queste ripetute azioni micro-traumatiche possono ovviamente indurre infiammazione, spesso col coinvolgimento della fascia plantare. Talora le infiammazioni sono così forti che, se non trattate, portano ad edema osseo del calcagno, un’infiammazione quindi che coinvolge addirittura l’osso e che è più complessa da curare. Ecco, appunto, come si cura la tallonite ? Apparentemente è semplice: si tratta l’infiammazione col TECAR ed il laser opportunamente applicati . Poi, una volta risolta l’infiammazione, si fanno alcune sedute di onde d’urto . Non essendo lo sperone in sé l’origine del dolore, sono preferibili le onde d’urto di tipo radiale , in quanto a partecipare all’infiammazione sono tutti i tessuti molli del tallone e spesso anche la fascia plantare. In genere la fisioterapia, se ben applicata, fa passare i dolori, ma bisogna considerare che il piede è un organo pigro, a cui non si può chiedere fretta: sopporta di tutto, noi gravitiamo su di lui, ma così come è lento a presentare una patologia, è lento anche nel guarire. Richiede pazienza da parte del fisioterapista e, appunto, anche del paziente; nella mia esperienza, ormai lunga, praticamente però la grande maggioranza dei pazienti che presentano tallonite vanno a guarigione. Dott. Paolo Tamaro