La TECAR e le sue applicazioni particolari

Dott. Paolo Tamaro • 1 febbraio 2023
strumento per la tecarterapia

La tecarterapia permette di trattare le patologie articolari e muscolari frequentemente riscontrate in ambito riabilitativo. Indolore e non invasiva, questa tecnica è apprezzata dai pazienti grazie al dolce calore diffuso nei tessuti. L'uso di questa tecnologia consente ai terapisti di trattare molti problemi in modo più efficace, in particolare negli ambiti della chirurgia ortopedica e medicina dello sport.

TECAR, terapia indolore e non invasiva

La TECAR, attraverso l'uso di radiofrequenze, stimola risposte biologiche sia superficiali che profonde nei tessuti ed è in grado di migliorare notevolmente i risultati di un trattamento. Agendo in profondità prima inimmaginabili, fornisce sollievo immediato e duraturo dal dolore, aiuta a recuperare il movimento accessorio attivando i meccanismi di autoriparazione e recupero del corpo.

Tre effetti terapeutici chiave combinati

I principali effetti terapeutici della TECAR, sono tre:


  • biologico, perché stimola il metabolismo cellulare;
  • analgesico, in quanto fornisce sollievo dal dolore grazie alla saturazione dei nocicettori;
  • diatermia, ossia infonde un calore superficiale o profondo, donando una sensazione piacevole di calore persistente.

Dopo aver riassunto a grandi linee il lavoro della TECAR, in questo mio blog di fisioterapia vado al nocciolo della questione: la TECAR in alcune sue applicazioni poco note.

Le applicazioni più specifiche

Spesso le lombalgie non presentano coinvolgimento discale, ma possono essere causate dalla sindrome delle faccette articolari. Queste strutture sono poste ai lati delle vertebre e su di esse avvengono i movimenti di rotazione, flessione, estensione della colonna vertebrale.

Va da sé che un non corretto range articolare di queste articolazioni, molto frequente a causa delle posture scorrette, ne favorisce l’infiammazione con conseguente dolore, causato anche dalla contrattura reattiva delle masse muscolari adiacenti.

La TECAR, in questi casi, è un ottimo alleato: se usato correttamente riduce tale infiammazione articolare e, associato a un massaggio particolare eseguito sulle masse muscolari coinvolte, riduce i dolori con sollievo del paziente, senza il bisogno di manipolazioni vertebrali che sono riservate a casi particolari.

Tale metodologia infatti coinvolge una platea molto più ampia e diversificata per fasce di età rispetto alle manipolazioni e spesso ha risultati più duraturi.

Perché a volte la schiena fa così male da non potersi muovere?

Per chi ha avuto la pazienza di leggere il mio articolo di fisioterapia fino a qui, vorrei soddisfare un'ulteriore curiosità: perché a volte la schiena fa così male, tale da non potersi muovere?

Questi dolori acuti sono dovuti all'interessamento del legamento Giallo, posto vicino alle faccette articolari di cui parlavo. Se questo è coinvolto nell’infiammazione può farsi sentire con impeto.

L’infiammazione è come in piccolo incendio e, se trova vicino la paglia, sono guai (per fortuna risolvibili con appropriata fisioterapia).

vertebre
Autore: Dott. Paolo Tamaro 14 luglio 2025
I più diranno: mai sentito! Eppure la maggioranza dei disturbi della colonna vertebrale parte da lui . Come noto, le vertebre si muovono l’una sull’altra, ruotano quasi, e questo grazie a tutte le strutture anatomiche presenti nel segmento mobile intervertebrale. Iniziamo a parlare delle faccette articolari, le principali responsabili del movimento delle vertebre; sono quattro per ciascuna vertebra, due si articolano con la vertebra sopra e due con quella sotto, ovviamente a destra e sinistra. Il disco (sì, quello della famosa ernia) fa quindi solo da perno per il movimento. A queste strutture si aggiungono muscoli di vario tipo e legamenti, su cui in questa sede non mi dilungherò. Ma perché il segmento mobile è così importante nella genesi dei dolori della colonna? A causa di un meccanismo che il dott. Maigne, medico fisiatra di Parigi a cui si deve il famoso metodo manipolativo che io seguo, ha chiamato DIM nella traduzione italiana, cioè Disturbo Intervertebrale Minore . Si tratta di una irritazione del segmento mobile intervertebrale dovuto principalmente all’alterato movimento di una faccetta articolare (quindi ad esempio a posture scorrette che privilegiano la movimentazione di altre vertebre) che causa una infiammazione dell’articolazione (come tutte le articolazione, anche quelle delle vertebre non tollerano di essere mobilizziate parzialmente e quindi si infiammano, provate a tenere un polso ad un range articolare dimezzato per un anno e vedrete che presenterà fenomeni infiammatori, ma credetemi sulla parola, non fatelo sul serio). Questa infiammazione coinvolge nel tempo le altre strutture muscolari ed i legamenti del segmento mobile intervertebrale e causa appunto il DIM , situazione dolorosa che inizialmente può essere evidenziata solo con una pressione del processo spinoso della vertebra (quello appuntito che sentite sotto la pelle), poi diventa doloroso di suo e determina la contrattura muscolare della muscolatura paraspinale, quella che potete sentire accanto alla colonna. Ed ecco le cervicalgie e le lombalgie, passando per le dorsalgie. Ma come tutto ciò porta ad una cura? Nelle fasi inziali il DIM può essere manipolato (dal medico chirurgo col metodo di Maigne! ) che valuta con cura alcuni paramenti essenziali, oltre un certo limite non è più manipolabile, quindi si opta per il rilassamento della muscolatura coinvolta (massoterapia trasversale profonda) e la riduzione dell’infiammazione del segmento mobile intervertebrale (TECAR) . Poi si consiglierà al paziente una corretta ginnastica medica . Da questo si evince anche l’ importanza della prevenzione : i dolori della colonna sono risolvibili con una certa facilità agli inizi, quando ed entro una certa età possibile manipolare la colonna con ottimi risultati. Quando la patologia è avanzata, le manipolazioni non sono più eseguibili le terapie funzionano, ma diventano molto più lunghe. Dott. Paolo Tamaro
fisioterapista
Autore: Dott. Paolo Tamaro 30 giugno 2025
Quasi tutti i pazienti mi hanno chiesto perché si chiamano così. Chi si è cimentato col greco nei sui studi liceali non ha ritenuto necessario farmi la domanda. Nel greco antico infatti (e forse anche in quello moderno, ma non chiedetemi troppo) κίνησις (si legge kinesis) significa movimento (si pensi alla parola italiana “cinema”, che ha la stessa derivazione e significa sostanzialmente immagini in movimento), quindi la chinesi è una terapia di movimento. Si applica infatti a situazioni in cui , ad esempio, le articolazioni siano bloccate , può capitare spontaneamente (come nella cosiddetta spalla congelata) oppure dopo traumi o interventi chirurgici, in ogni caso il corpo da solo difficilmente riesce a risolvere queste rigidità ed ha bisogno di una chinesi, appunto una mobilizzazione che inizialmente può essere passiva , il fisioterapista che muove l’articolazione mentre il paziente sta più rilassato possibile, oppure attiva , cioè con movimenti che il fisioterapista chiede di eseguire al paziente a supporto delle sue mobilizzazioni passive. Le chinesi non dovrebbero mai essere dolorose , il dolore induce contrattura muscolare reattiva e rende più difficile la mobilizzazione, oltre e ovviamente ad essere difficile da tollerare. Un bravo fisioterapista riesce a trovare il giusto compromesso tra un fastidio tollerabile ed una energia sufficiente a produrre un buon risultato. Le sedute ovviamente portano progressivamente alla meta, ogni volta che il paziente si mette nella mani del fisioterapista compie un piccolo pezzetto di strada, spesso non percettibile; capita infatti che per varie sedute non si recuperi nulla, e poi la sedute successiva dia il frutto che le precedenti hanno preparato. Molto importante è anche valutare lo stop articolare, che può essere più o meno elastico e fornisce a chi le sa interpretare importanti informazioni sullo stato della patologia e sulla progressione della riabilitazione. Dott. Paolo Tamaro
Autore: Dott. Paolo tamaro 14 maggio 2025
Sostanzialmente possiamo far risalire le cause degli ematomi del muscolo a traumi diretti od a strappi muscolari . Sono lesioni tipiche degli sportivi che incorrono in uno stiramento muscolare eccessivo tale da determinare la rottura di un certo numero di fibre muscolari. La rottura determina il sanguinamento che viene contenuto dai tessuti circostanti formano una sacca, appunto l’ ematoma muscolare . I traumi diretti al muscolo agiscono in modo simile, ma l’impulso traumatico è angolato rispetto alle fibre muscolari e può fare quindi più danno, dalla superficie in profondità. In quest’ultimo caso la parte visibile della raccolta ematica, il cambiamento di colore della cute, è visibile in tempi ravvicinati al trauma. Negli strappi muscolari invece in genere accorrono alcuni giorni per vedere l’aspetto cutaneo dell’ematoma. E’ poi esperienza comune il variare dei colori sulla pelle delle raccolte ematiche, dapprima rosso-violacee, poi nel trascorre dei giorni il colore vira al giallo, per ossidazione del ferro contenuto nell’emoglobina. Bisogna ricordare che la parte visibile sulla pelle è solo la porzione più periferica dell’ematoma, la raccolta ematica è più profonda e spesso non guarisce quando il colore sulla pelle è scomparso. La raccolta ematica infatti, su giudizio del medico, va esaminata con un’ecografia per valutarne posizione e dimensioni. Va evitato il più possibile che la raccolta si organizzi divenendo solida, il tempo a disposizione non è molto. Le principali terapie fisioterapiche comprendono il TECAR direttamente sulla lesione e la massoterapia dei tessuti circostanti , al fine di ottenere un'esito cicatriziale interno ridotto al minimo e promuovere la guarigione attraverso il riassorbimento del liquido. Ancora utili, ma sempre meno usati, gli ultrasuoni , mentre per certe raccolte il fisiatra prescriverà le onde d’urto . In pochi casi si esegue l’ago-aspirato in ambiente sterile.  Dott. Paolo Tamaro